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Al fine di esorcizzarne l'impenetrabilità, l'uomo ha finito con il collocare il mare all'interno di orizzonti magico-religiosi, popolati da paradisi folklorici dove schiere di santi e turbe di demoni 'pescavano', dalle profondità delle distese marine, mostri variamente raffigurati da domare ed esibire così come esorcismo di ataviche paure. Magismi che anche oggi, sotto altre spoglie, mediano il rapporto dell'uomo con il mare, alimentati da un'industria del tempo libero che ne incoraggia un consumo di massa, riverbero di un approccio semplicistico a una dimensione acquorea da colonizzare secondo logiche terrestri del tutto strumentali. Attraverso uno studio di casi esemplari, il volume indaga questo complesso fenomeno antropologico, soffermandosi soprattutto su una lunga tradizione iconografica nella quale si sono sedimentati atavici timori, istanze esorcistiche e supponenti presunzioni. Ricollocate in una cornice prodigiosa ed ammaliante, le distese marine sembrerebbero perdere gran parte della loro ancestrale impenetrabilità e, grazie a queste 'addomesticate' messe in scena, l'uomo si sente autorizzato a rivendicare un protagonismo che il mare nei fatti continua, tragicamente, a negargli.